Disturbo Bipolare

Nel DSM-V a differenza delle precedenti edizioni del manuale, il disturbo bipolare e le forme cliniche ad esso correlate sono state collocate tra i capitoli dello spettro della schizofrenia. Con un grande cambiamento rispetto al passato è stata dunque riconosciuta la loro posizione “a ponte” tra le psicosi maggiori e i disturbi depressivi in termini di sintomatologia, di storia familiare e di genetica. Il disturbo bipolare condivide con i disturbi depressivi e in generale con i disturbi dell’umore la caratteristica di un andamento episodico. Per la diagnosi di disturbo bipolare, secondo il DSM-V, è infatti necessario soddisfare i seguenti criteri per un episodio maniacale, che può essere preceduto o seguito da episodi attenuati (detti ipomaniacali) o depressivi maggiori.

1. Un periodo definito di umore anormalmente e persistentemente elevato, espanso o irritabile e di un aumento anomalo e persistente dell’attività finalizzata o dell’energia, della durata di almeno una settimana e presente per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni (o di qualsiasi durata, se è necessaria l’ospedalizzazione).
2. Durante il periodo di alterazione dell’umore e di aumento di energia o attività, tre (o più) dei seguenti sintomi (quattro, se l’umore è solo irritabile) sono presenti a un livello significativo e rappresentano un cambiamento evidente rispetto al comportamento abituale.
3. Autostima ipertrofica o grandiosità.
4. Diminuito bisogno di sonno (per es. sentirsi riposati/e dopo solo 3 ore di sonno).
5. Maggiore loquacità del solito, oppure spinta continua a parlare.
6. Fuga delle idee, o esperienza soggettiva che i pensieri si succedano rapidamente.
7. Distraibilità (cioè attenzione troppo facilmente deviata da stimoli esterni non importanti o non pertinenti), riferita o osservata.
8. Aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, scolastica o sessuale) o agitazione psicomotoria (cioè attività immotivata non finalizzata).
Eccessivo coinvolgimento in attività che hanno un alto potenziale di conseguenze dannose (per es., acquisti incontrollati, comportamenti sessuali  sconvenienti o investimenti finanziari avventati).
9. L’alterazione dell’umore è sufficientemente grave da causare una marcata compromissione del funzionamento sociale o lavorativo o da richiedere l’ospedalizzazione per prevenire danni a sé o agli altri, oppure sono presenti manifestazioni psicotiche.
10. L’episodio non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o un’altra condizione medica.

Ecco dunque che l’episodio maniacale è descritto non esclusivamente come una entità clinica antitetica all’episodio depressivo classico, anzi, come un caleidoscopio, esso si caratterizza per la molteplicità e la mutevolezza delle espressioni sintomatologiche, che non di rado comprendono anche elementi comuni ad altri ambiti nosografici, come quello della psicosi schizofrenica. «… la forma e i modi in cui si manifesta la mania sono molteplici. Alcuni sono allegri e vogliono giocare… altri, di natura passionale e distruttiva, cercano di uccidere gli altri e anche se stessi…» Areteo di Cappadocia, 150 d.C. Classicamente si verifica un’esaltazione dei vissuti soggettivi di benessere e di potenza, sono presenti un senso di gioia e di libertà eccessivi per durata ed intensità e, soprattutto, non attinenti all’esperienza  vissuta. Questi aspetti apparentemente ludici e giocosi spesso sono improvvisamente sostituiti da rabbia e aggressività. Non sono rare, inoltre, le manifestazioni psicotiche floride, con ideazione bizzarra o persecutoria, fino alla confusione mentale o alla catatonia. Questi aspetti clinici frequentemente interferiscono con la condiscendenza alla cura da parte del paziente, che spesso ha una consapevolezza parziale del proprio disagio.

Trattamento

Il trattamento di questo disturbo è individualizzato e, data la natura ricorrente della patologia, è in genere a lungo termine. Le fondamenta su cui si struttura comprendono norme di igiene di vita e farmacoterapia psichiatrica. L’assunzione della terapia anche nelle fasi di remissione del disturbo, tra i singoli episodi psicopatologici, influisce favorevolmente sulla prognosi. La psicoterapia rappresenta un valido sussidio nel trattamento del disturbo bipolare, pur non potendo sostituire la terapia farmacologica e non risultando sufficiente, da sola, a prevenire le ricadute della patologia. Nell’ambito della psicoterapia cognitiva, gli interventi sono finalizzati ad aiutare il soggetto a conoscere e accettare meglio il proprio funzionamento, imparando a distinguere più agevolmente i tratti della propria personalità dalle interferenze della malattia. Le tecniche di gestione dello stress, inoltre, ne favoriscono la tolleranza da parte del soggetto, contribuendo quindi indirettamente a ridurre i fattori di rischio di ricaduta.